Stratwarming: il punto della situazione
- L'autore
- 11 gen 2019
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Il riscaldamento stratosferico, che ha avuto inizio nell'ultima decade di dicembre, è il motivo per cui tanti siti meteo si sono sbilanciati nel prevedere una fase invernale molto rigida. In realtà le cose non sono così semplici e, a parte i titoloni acchiappaclick di alcuni siti, nei modelli meteo non vi è ancora quasi nessuna traccia dei suoi effetti.
La questione è sempre la stessa: riuscirà la stratosfera, in cui il fenomeno è nato e tutt'ora in evoluzione, ad influenzare la dinamica della troposfera, cioè della parte di atmosfera più vicina a noi, in cui i fenomeni meteo hanno luogo?
Per riuscire a capire quali probabilità ci siano che questo possa accadere, bisogna seguire come si sta evolvendo la situazione nella stratosfera. Cominciamo dalla fotografia attuale dei venti zonali (cioè da ovest verso est) alle varie quote e latitudini.

Focalizziamo l'attenzione sulla parte blu in alto a destra: si nota che intorno alla quota di 3hPa (circa 38.000 m) i venti alle alte latitudini sono negativi, cioè soffiano mediamente da ovest verso est, segno della presenza prevalente di anticicloni in quota (anomala). Affinché lo stratwarming possa avere influenze sulla troposfera, questo disturbo deve scendere di quota fino alla troposfera. Vediamo cosa prevedono al momento i modelli a 10 giorni da oggi.

Vediamo che l'intensità dell'anomalia si è ridotta notevolmente, mentre il centro è effettivamente sceso di quota, attestandosi tra i 20 ed i 30 hPa (circa 24.000 m). Al momento, quindi, i modelli confermano che la propagazione verso il basso è più lenta di quanto ci si aspettasse qualche giorno fa, con il rischio che questa possa esaurirsi prima di sortire effetti sulla troposfera.
Andando a guardare più nel dettaglio, però, la situazione non sembra ancora così compromessa. Vediamo la situazione sulla verticale del Polo a 30 hPa (circa 23.000 m) prevista tra 10 giorni.

Vediamo che, sia dal punto di vista termico che dei venti, la situazione è di inversione ancora in atto. Infatti la differenza tra la temperatura media alle latitudini di 60°N e 90°N è positiva, segno che sul Polo ci sono ancora temperature più alte del normale, cioè siamo ancora sotto gli effetti del riscaldamento stratosferico. Stessa cosa si può dire sui venti medi, infatti, il vortice polare risulta diviso in due lobi (individuati dai minimi di potenziale), mentre tra i due c'è un'area anticiclonica, con l'effetto totale di avere venti mediamente più anticiclonici. Siamo però ancora troppo in alto, vediamo quindi cosa si prevede a 150 hPa (circa 13.000 m), cioè molto prossimi all'interfaccia con la troposfera.

Dal punto di vista termico anche qui il gradiente è positivo, con le temperature maggiori posizionate alle latitudini più alte. Questo aspetto è propedeutico ad una possibile inversione dei venti zonali, che però a 10 giorni ancora non si manifesta. Qua si gioca la partita. Possiamo dire con quasi certezza che per i prossimi 10 giorni non ci sarà ancora l'accoppiamento tra stratosfera e troposfera, che però ha discrete possibilità di accadere nei giorni successivi. Il disturbo dovrebbe comunque essere più attenuato rispetto all'entità iniziale dello stratwarming, che era veramente eccezionale, quindi il vortice polare troposferico ne potrà uscire disturbato, rallentato, ma difficilmente andare in crisi totale. Questo significa che a partire dal 23-25 gennaio ci si potrà aspettare probabili incursioni fredde alle medie latitudini, ma probabilmente non vedremo il freddo siberiano puntare l'Italia, dato che ciò necessita di una forte inversione dei venti zonali. Più probabile avere qualche prolungata incursione di aria artico-marittima o polare-marittima fredda, causata da inversioni più localizzate o semplici rallentamenti dei venti zonali. Nella prima ipotesi potremmo avere neve diffusa in pianura anche al Nord e sulle regioni tirreniche, nella seconda ipotesi la quota neve sarebbe maggiore ma anche la quantità di precipitazioni.
La conferma viene anche dalla previsione dell'indice teleconnettivo dell'Oscillazione Artica. Questo indice, che mostra proprio la forza del vortice polare troposferico, è previsto in campo negativo per i prossimi giorni, ma con scarse probabilità di veri e propri crolli al momento.

Ricapitolando. Ribadiamo che i paragoni con l'inverno del 1985, che escono sempre ad ogni stratwarming, sono assolutamente fuori luogo. C'è ancora la possibilità di avere una fase invernale piuttosto fredda, legata allo stratwarming, ma la finestra temporale va spostata tra il 25 gennaio e la prima decade di febbraio, quindi più in là di quanto ci si aspettasse all'inizio, quando anche noi avevamo indicato la fine della seconda decade di gennaio come possibile finestra. Infine, l'origine del freddo in questa fase ha maggiori probabilità di essere di tipo marittimo che continentale, quindi non di gelo assoluto da nord-est (tipo gennaio 2017 per capirsi), ma con temperature sotto media e precipitazioni più abbondanti da Nord-Ovest. Concludiamo con dire che lo stratwarming non è certo l'unica possibilità di avere fasi invernali dure sull'Italia, quindi anche se questo debba poi concludersi con un flop, l'inverno non sarà affatto terminato.
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