
L'origine e le conseguenze del Nino e della Nina
Negli ultimi anni, soprattutto grazie ai mass media, i fenomeni meteo-climatici noti con i nomi di El Nino e la Nina sono diventati ormai di dominio pubblico, anche se in pochi ne conoscono origini ed effetti. In questo articolo vogliamo soddisfare la vostra curiosità di saperne di più, che spesso ci avete mostrato sui nostri social ogni qual volta scriviamo qualche post a riguardo.
Partiamo intanto dalla definizione dei due fenomeni. Si parla di Nino in corso quando la temperatura media delle acqua superficiali del Pacifico Centrale si discosta dalla media stagionale per più di mezzo grado positivo, per un tempo di almeno 5 mesi. La Nina è l'esatto opposto, con la temperatura che si discosta di oltre mezzo grado negativo.
Già dalla definizione ci preme evidenziare che si tratta di fenomeni di grande portata, dato che mezzo grado di anomalia termica media su un tratto di Oceano molto vasto, che perdurano per così tanto tempo, non possono lasciare indifferente il meteo, perlomeno nelle aree adiacenti.
Ma prima di vedere gli effetti, andiamo a capire quali sono le cause di questi fenomeni naturali.
Abbiamo detto che i due fenomeni sono scostamenti di temperatura superficiale delle acque rispetto alla media, vediamo quindi qual è la situazione "normale" del Pacifico Tropicale. Va subito detto che la porzione Orientale del Pacifico Tropicale ha delle oscillazioni termiche stagionali molto più marcate rispetto a quella Occidentale, sia in superficie che sotto di essa. I motivi di ciò risiedono in due fenomeni che interessano la parte Orientale: il primo è la corrente di Humbolt, che trasporta acqua fredda dalle zone sub-polari dell'emisfero sud verso nord, risalendo le coste di Cile e Perù; il secondo è la risalita di acque profonde (upwelling), legata anche agli effetti dello stesso vento che provoca la corrente di Humbolt. Tale vento è originato dai normali venti occidentali che soffiano ovunque alle medie latitudini, che in quest'area incontrano le coste del Sud America e la catena delle Ande, deviando verso nord e risalendo così la costa. Questi due fenomeni fanno sì che, mentre nel Pacifico Tropicale Occidentale le acque sono piuttosto calde sempre, in quello Orientale esse subiscono durante l'anno delle oscillazioni verso temperature più fredde, raggiungendo le proprie temperature minime tra settembre ed ottobre, cioè alla fine dell'inverno australe. A causa dell'enorme inerzia termica dell'Oceano, ad Ovest, dove le temperature sono costantemente alte, l'acqua risulta calda anche in profondità, mentre ad Est essa non fa in tempo a scaldarsi e lo strato superficiale caldo rimane molto più sottile. Il termoclino, che è la superficie ideale che divide le acque profonde da quelle superficiali, risulta quindi pendere fortemente verso ovest, dove è molto più profondo. Tale differenza viene accentuata dall'azione degli alisei che, soffiando in modo costante da est verso ovest, sospingono l'acqua in quella direzione, con l'effetto che l'altezza media del mare ad Ovest è circa 50 cm più alta rispetto ad est. Il risultato finale è che nell'area dell'Oceano tra Australia ed Indonesia staziona in modo quasi permanente una "piscina calda", che riscalda anche l'aria soprastante, causando moti ascensionali ed una bassa pressione al suolo. Quest'aria sale rapidamente e comincia a muoversi in quota da ovest verso est. Arrivata sul bordo orientale dell'Oceano, essa scende finalmente al suolo generando delle alte pressioni, poi torna sotto forma di alisei a ripercorrere a bassa quota il percorso inverso. In questo tragitto essa si ricarica di umidità sull'Oceano, ricominciando il ciclo. Questa circolazione atmosferica semi-permanente prende il nome di cella di Walker.
Tutto questo meccanismo è ciò che succede in continuazione nella normalità. Abbiamo visto che le oscillazioni termiche riguardano quasi esclusivamente la porzione orientale del Pacifico, ed è proprio qui che si innescano le anomalie. Capita, infatti, che durante l'estate australe, il riscaldamento naturale di questa area diventi molto più marcato del normale per motivi non ancora del tutto chiari. A causa di fenomeni di amplificazione dell'anomalia, che ora spieghiamo, questo riscaldamento anomalo cresce sempre più fino ad investire tutto il Pacifico Tropicale, vediamo come.
Abbiamo spiegato nel paragrafo precedente, come uno dei "motori" degli alisei sia proprio la differenza di temperatura tra i due lati dell'Oceano, e come gli alisei stessi siano anche tra i principali responsabili della differenza di spessore delle acque calde tra i due lati dell'Oceano. Ecco quindi che, se la porzione orientale del Pacifico si scalda troppo o troppo velocemente, questo calore non riesce più ad essere dissipato dalle correnti oceaniche e dal rimescolamento con le acque profonde. Ne consegue che esso tende ad assumere la stessa temperatura del solitamente più caldo Pacifico Occidentale. Riducendosi il salto termico tra le due porzioni di Oceano, la cella di Walker ne risulta indebolita, quindi anche gli alisei soffiano più debolmente. In questa fase, essi non riescono a spingere via l'acqua superficiale calda verso il suo posto più naturale, cioè la "piscina calda" del Pacifico occidentale, la quale risulta quindi più diffusa del normale, appiattendo ulteriormente il gradiente termico superficiale dell'Oceano. Questo circolo vizioso fa praticamente sparire (o spezzare in due celle più deboli) la circolazione atmosferica della cella di Walker, bloccando gli alisei, e fa equilibrare le acque del Pacifico, che si abbassano sul Pacifico Occidentale fino quasi ad annullare il dislivello di altezza tra i due estremi. Stessa sorte subisce anche il termoclino, con lo strato superficiale caldo, che diventa di quasi pari profondità tra le due porzioni di Oceano. Senza più gli alisei che mantengono l'acqua calda confinata ad ovest e senza il dislivello delle acque superficiali che aiuterebbe la risalita delle acque più fredde e profonde ad est, la "piscina calda" si espande a tutto il Pacifico Tropicale. In questa fase "matura" una porzione di Oceano larga centinaia di chilometri e lunga un quarto della circonferenza terrestre arriva a misurare temperature localmente anche 3-5°C oltre la media, con effetti importantissimi sulla circolazione atmosferica.
In certi casi, spesso come un eccessivo "rimbalzo" dopo un fenomeno di Nino, le temperature del Pacifico Orientale si raffreddano eccessivamente, dando vita al fenomeno opposto: la Nina.
La Nina si comporta in modo speculare al Nino. Il raffreddamento del Pacifico Orientale accentua il gradiente termico dell'Oceano ed alimenta la circolazione della cella di Walker, aumentando la forza degli alisei ed il dislivello tra le due estremità dell'Oceano. Il risultato è che le acque calde si concentrano maggiormente nella "piscina calda", mentre tutto il resto del Pacifico Tropicale risulta più freddo, anche perché lo strato superficiale caldo ad est è talmente sottile da subire continuamente l'arrivo di acque fredde dagli strati più profondi.
Chiarito il fenomeno e le sue origini, non ci resta che spiegare gli effetti sul meteo nel mondo. Questo fenomeno, a causa della sua vastità, infatti, è in grado di influenzare le stagioni in ampie porzioni del globo e, nei suoi casi estremi, in tutto il mondo.
L'alterazione della circolazione lungo le coste del Sud America fa sì che durante el Nino, ci siano piogge anomale su Brasile Meridionale e Argentina, ma anche sulle aree del confine Messico-Stati Uniti. In contrapposizione la siccità colpisce l'area compresa tra il nord del Brasile ed il Centro America. Dall'altra parte del Pacifico. la minore concentrazione della "piscina calda" provoca minori piogge anche su Indonesia ed Australia, mentre ondate di caldo raggiungono più spesso il Giappone. Il sud Est Asiatico e l'India subiscono spesso ondate di calore, ma vedono quasi annullarsi i monsoni, con grave sconvolgimento dell'economia locale. In pieno Pacifico, poi, le acque superficiali più calde ed il minore gradiente di vento atmosferico, facilitano la formazione di uragani e tifoni violentissimi, mentre in Atlantico essi risultano meno frequenti del normale.
Lontano dal Pacifico la circolazione è comunque alterata, così che si registra spesso siccità in Sud Africa ed in Africa sub-Sahariana, mentre sul Corno d'Africa fino al Caspio ed alla Mongolia si verificano piogge abbondanti. El Nino ha spesso anche effetti sull'anticiclone africano, che ne risulta rafforzato, così da sconfinare più frequentemente sul Mediterraneo, dando vita ad estati torride anche in Italia.
Anche sugli effetti atmosferici la Nina si manifesta in modo quasi diametralmente opposto: in questo caso arriva la siccità in Argentina, mentre le piogge anomale interessano Caraibi da un lato ed Indonesia dall'altro. Le ondate di calore colpiscono il Golfo del Messico, mentre un freddo insolito arriva su America Centrale e Sud Est Asiatico. Qui, come in India, i monsoni assumono forza spaventosa, fino a provocare alluvioni disastrose, mentre le tempeste tropicali sono inibite nel Pacifico e rafforzate in Atlantico. Anche i Tornado nelle pianure americane ne risultano rinforzati, mentre fenomeni particolarmente violenti di Nina sembrano influenzare gli inverni mediterranei, rendendoli meno piovosi.
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